È un’infiammazione del tessuto muscolare cardiaco che può colpire anche i giovani. Sebbene sia reversibile nella maggior parte dei casi, talvolta può avere gravi conseguenze o essere addirittura fatale. Esistono due forme principali: fulminante e non fulminante.
La forma fulminante è associata a una grave disfunzione del cuore, tale da richiedere un trattamento intensivo. La forma non fulminante, che può comportare un certo grado di disfunzione cardiaca, non mette in pericolo la vita.
La miocardite può essere di natura: 1) infettiva, per esempio a seguito di infezioni virali; 2) tossica, come può accadere in chi usa alcuni antipsicotici; 3) autoimmune, per esempio in individui predisposti che hanno avuto manifestazioni di altre forme di autoimmunità (tiroidite, colite ulcerosa, ecc.) o che soffrono di particolari sindromi (sarcoidosi, ecc.).
A volte la miocardite può decorrere quasi senza sintomi, ma più spesso si manifesta con dolore toracico e disturbi del ritmo cardiaco (tachicardie, rallentamenti bruschi del ritmo cardiaco, extrasistoli, ecc.). Si possono avere anche alterazioni dell’elettrocardiogramma e l’aumento dei livelli nel sangue di alcune proteine (troponina, CK-MB), che possono far pensare a un infarto.
La conseguenza più temibile è lo scompenso cardiaco. In questo caso, i disturbi più tipici sono: stanchezza, abbassamento della pressione, mancanza di respiro, difficoltà ad alimentarsi con senso di tensione addominale.
Per diagnosticare una miocardite possono rendersi necessari alcuni esami generali, tra cui esami del sangue (livelli di alcuni enzimi che indicano danni al muscolo cardiaco, esami infettivologici, ecc.), radiografia del torace, elettrocardiogramma, ecocardiogramma. Nei pazienti a basso rischio, la risonanza magnetica può essere sufficiente. Una diagnosi certa si può avere solo eseguendo la biopsia miocardica, un’indagine invasiva che deve essere eseguita e interpretata da personale esperto: consiste nel prelievo di pochi millimetri di tessuto con una pinza a morsetto (biotomo), montata su un catetere che viene introdotto da una grossa vena, di solito la giugulare interna destra.
Non esistono terapie specifiche per la miocardite. Si raccomanda sempre il riposo a letto e quindi il ricorso a terapie mirate per contrastare sintomi e complicanze, ad esempio con farmaci per controllare lo scompenso, le aritmie e il dolore. Il trattamento va sempre personalizzato. Se, per esempio, si sospettano forme autoimmuni può rendersi necessario il ricorso a cortisonici, immunosoppressori o farmaci biologici. Se invece la miocardite è di natura tossica, occorre innanzitutto sospendere il farmaco implicato. I pazienti a rischio (miocardite fulminante o disfunzione cardiaca significativa anche se tollerata, sindromi autoimmuni, aritmie gravi) devono essere rapidamente indirizzati presso centri specializzati, in grado di far fronte alle necessità diagnostiche (RM e biopsia) e terapeutiche (terapia intensiva, ecc.). Il più delle volte il danno al miocardio regredisce, arrivando in molti casi alla normalizzazione, ma in alcuni pazienti la miocardite può comportare una disfunzione permanente del cuore.
Da Corriere Salute. Redatto in collaborazione con Maria Frigerio, direttore della Cardiologia 2 del De Gasperis Cardio Center, Ospedale Niguarda di Milano.