IL PROSCIUTTO CRUDO

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Il prosciutto crudo stagionato è un prodotto gastronomico di grande valore nutritivo ed economico. Quello magro, in particolare, ha un contenuto di calorie non eccessivo, fornendo 28 g. di proteine per cento g. Il suo aroma stimola l’appetito e le secrezioni gastriche, è particolarmente gustoso e grazie alla lunga stagionatura si digerisce facilmente. È costituito dalle masse muscolari e dal tessuto adiposo della coscia del maiale. La lavorazione prevede 4 fasi: salagione, sosta, asciugatura e stagionatura. Nella prima fase oltre al sale può essere aggiunto pepe, la successiva fase di sosta dura per almeno un mese ad una temperatura di 1- 4 C° in locali ben aerati. Durante la maturazione avvengono processi enzimatici dovuti in gran parte ai batteri lattici che conferiscono al prodotto le tipiche caratteristiche organolettiche e nutritive. Il Parma e il San Daniele sono a denominazione di origine controllata e la normativa non solo prevede la provenienza della carni da zone ben determinate, ma ne regolamenta dimensioni e forma, la lavorazione e la durata della stagionatura.

LA RICETTA. Tortino verdure e prosciutto

Ingredienti (4 persone): 200 g. di melanzane, 200 g. di zucchine, 100 g. di prosciutto crudo di Parma, 30 g. di parmigiano reggiano, 30 g. di olio di oliva extravergine. Tagliare le verdure e grigliarle. In una pirofila foderata con carta da forno formare uno strato di melanzane, uno di prosciutto, uno di zucchine fino ad esaurimento delle verdure. Condire con olio e parmigiano. Infornare per 10 minuti fino a doratura. Buon appetito!

Kcal (per porzione): 181,16. Proteine: 10,11 g. Lipidi: 14,71 g; saturi 2,60 g; insaturi 0,75 g; monoinsaturi 6,38 g. Carboidrati: 2,21 g. Fibra: 2,03 g.

INCLISIRAN RIDUCE I LIVELLI DI COLESTEROLO LDL IN PAZIENTI AD ALTO RISCHIO CARDIOVASCOLARE

Inclisiran è un farmaco sperimentale per il trattamento dell’ipercolesterolemia. Appartiene alla classe di farmaci innovativi altamente selettivi definiti siRNA, di cui vi ho già parlato.

In questo studio di Fase 2 (la seconda fase dello sviluppo clinico di un farmaco prima della sua immissione in commercio), multicentrico, in doppio cieco, controllato con placebo, inclisiran è stato somministrato per iniezione sottocutanea in 501 pazienti ad alto rischio cardiovascolare con elevati livelli di colesterolo LDL. I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere una singola dose di placebo o 200, 300, o 500 mg di inclisiran, o due dosi (ai giorni 1 e 90) di placebo o 100, 200, o 300 mg di inclisiran. La somministrazione di inclisiran ha prodotto riduzioni dose-dipendenti delle concentrazioni di PCSK9 e colesterolo LDL nel sangue. A tre mesi dall’inizio della terapia, la concentrazione di colesterolo LDL è diminuita del 28-42% nei pazienti che avevano ricevuto una singola iniezione, e del 35-52% in quelli trattati con due iniezioni. Eventi avversi gravi sono stati registrati nell’11% dei pazienti trattati con inclisiran e nell’8% dei pazienti che avevano ricevuto placebo.

FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE NEL BAMBINO FAVORISCONO LO SVILUPPO DI DEFICIT COGNITIVI IN ETÀ ADULTA

È noto che la presenza di fattori di rischio cardiovascolare, come ipertensione, dislipidemia e fumo, nell’adulto lo espone ad una maggior probabilità di sviluppare deficit cognitivi con l’avanzare dell’età. Ma cosa succede prima?

Per rispondere a questa domanda, ricercatori finlandesi hanno seguito negli anni, a partire dal 1980, più di 3500 bambini/adolescenti (età 3-18 anni); nel 2011, all’età di 34-49 anni, 2026 di essi sono stati riesaminati per valutare vari aspetti delle funzioni cognitive. I risultati di questa analisi sono stati recentemente pubblicati sul Journal of American College of Cardiology.

La presenza nei bambini e adolescenti di fattori di rischio cardiovascolari, come valori elevati di pressione arteriosa e colesterolo totale, o fumo di sigaretta, si associava in età adulta a peggiori performance cognitive, soprattutto per quanto riguarda memoria e apprendimento, e l’associazione di più fattori di rischio aggravava ulteriormente la situazione. L’associazione era indipendente dalla presenza degli stessi fattori di rischio nell’età adulta.

Occorre quindi implementare fin dai primi anni di vita misure di controllo e correzione dei fattori di rischio cardiovascolare, al fine di prevenire lo sviluppo futuro non solo di malattie cardiovascolari su base aterosclerotica, ma anche dei deficit cognitivi tipici dell’anziano.

Rovio SP et al, JACC 69:2279,2017

IL SOVRAPPESO, IN QUALSIASI FASE DELLA VITA, AUMENTA IL RISCHIO DI MORTE PRECOCE

Un grande studio collaborativo delle ‘Harvard School of Public Health’ e ‘Boston University’ pubblicato sulla rivista ‘Annals of Internal Medicine’ conferma che essere in sovrappeso in qualsiasi fase dell’età adulta aumenta la possibilità di morte precoce. I ricercatori hanno esaminato i dati di 225.000 soggetti di età compresa tra i 25 e i 91 anni, prendendo in considerazione il peso più alto raggiunto nel corso di un periodo di sedici anni e poi esaminando il loro successivo stato di salute. Più di 32.500 partecipanti sono morti nel corso della ricerca. Maggiore è il sovrappeso, maggiore è il rischio di morte precoce per varie cause, quali malattie cardiache, cancro o altri problemi di salute.

Le persone con un indice di massa corporea (BMI, si calcola dividendo il peso in kg per l’altezza in mt) tra 25 e 30 – che inquadra il soggetto in sovrappeso – hanno un 6 % in più di possibilità di morire rispetto ai normopeso per una qualsiasi causa entro i prossimi dodici anni. Gli obesi, con un BMI tra 30 e 35, vedono aumentare il rischio di morte del 24% nello stesso lasso di tempo. La probabilità di morte aumenta ulteriormente fino al 73% nei soggetti gravemente obesi, con un BMI superiore a 35.

L’associazione più forte è stata rilevata tra obesità e malattie cardiovascolari. L’aumento del rischio di morte per malattia cardiovascolare è del 21% nei soggetti in sovrappeso, e sale fino al 174% nei soggetti gravemente obesi. L’aumento del rischio di morte per cancro, invece, ha un’oscillazione che va dall’1% al 28%, a seconda del peso.

Mangiare sano e mantenere una corretta attività fisica per tutta la durata della vita sono precetti fondamentali per vivere bene e a lungo.

CONCENTRAZIONI DI COLESTEROLO LDL MOLTO BASSE SONO PERICOLOSE?

È noto a tutti voi che ridurre la concentrazione di colesterolo LDL (il colesterolo “cattivo”) nel sangue diminuisce il rischio di incorrere in eventi cardio- e cerebro-vascolari. Ma c’è pericolo per la salute quando i livelli di colesterolo LDL scendono a valori molto bassi? In questa pubblicazione i ricercatori dello studio IMPROVE-IT forniscono una risposta a questo dubbio.

Nello studio IMPROVE-IT la terapia ipolipemizzante intensiva ​con simvastatina ed ezetimibe in 18.144 pazienti sopravvissuti a una sindrome coronarica acuta ha prodotto una significativa riduzione degli eventi cardiovascolari rispetto alla sola simvastatina. Nella nuova analisi dei risultati dello studio si è valutata la sicurezza e l’efficacia clinica di raggiungere un livello molto basso (< 30 mg/dl) di colesterolo LDL. Tra i 15.281 pazienti inclusi nell’analisi, circa il 6% ha raggiunto un livello di colesterolo LDL inferiore a 30 mg/dl. L’analisi multivariata ha mostrato che al follow-up di 6 anni non vi era alcuna associazione tra livello di colesterolo LDL raggiunto con la terapia ed eventi avversi pre-specificati (eventi avversi di natura muscolare, epatobiliare, eventi neurocognitivi, ictus emorragico, insufficienza cardiaca, cancro e morte non cardiovascolare). Gli eventi cardiovascolari erano significativamente ridotti nei pazienti che hanno raggiunto un livello di colesterolo LDL inferiore a 30 mg/dl rispetto al 26% di pazienti che con la terapia hanno avuto un livello di colesterolo maggiore di 70 mg/dl. Si dimostra così che una terapia aggressiva sul colesterolo LDL migliora i benefici cardiovascolari senza problemi per la salute dei pazienti.

CARNI ALTERNATIVE

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Vengono definite carni alternative quelle appartenenti ad animali da cortile: pollame, tacchini, conigli. Il loro consumo è aumentato vertiginosamente negli ultimi decenni sia per la competitività del costo, sia per i progressi tecnologici nell’allevamento, macellazione, commercializzazione, sia per una miglior consapevolezza del consumatore.

La carne di pollo contiene proteine a elevato valore biologico ed è più digeribile perché le fibre muscolari sono più corte e sottili. Il petto contiene più colesterolo (90 mg per 100 g), è meno grasso della coscia, che contenendo 6 -7% di lipidi, è una buona fonte di acidi grassi essenziali. Il contenuto di ferro è simile a quello della carne di bovino, sfatando così un vecchio pregiudizio che vede principalmente la carne rossa consumata dalle persone anemiche.
Il tacchino è di origine messicana, ha una composizione simile a quella del pollo con ugual contenuto di ferro minerali e vitamine (B1 B2 PP).
Le carni di coniglio sono molto apprezzate per la digeribilità, il modesto contenuto di colesterolo (60 mg per 100 g), l’elevata percentuale di proteine (20%) e la bassa quantità di grassi (5%).

LA RICETTA. Coniglio alle erbe
Ingredienti (4 persone): un coniglio di circa 1200 g, un bicchiere di vino bianco, una cipolla, olive nere 30 g, capperi 30g, un limone, 5 cucchiaini di olio di oliva extravergine, origano, salvia, maggiorana.
Cuocere la cipolla con poco olio e aggiungere il coniglio tagliato a pezzi. Lasciar cuocere per 10 minuti e poi bagnare con il vino. Coprire e lasciare sul fuoco molto basso per un’ora. Preparare un trito di olive, capperi, erbe aromatiche e succo di limone da aggiungere 10 minuti prima di terminare la cottura. Buon appetito!

Kcal (per porzione): 260. Proteine: 36,0 g. Lipidi: 10,4 g; saturi 3,3 g; polinsaturi 0,9 g;    monoinsaturi 5,8 g. Carboidrati: 3,2 g. Fibra: 3,9 g.

TERAPIA DELL’IPERCOLESTEROLEMIA: EFFICACIA DEGLI INIBITORI DI PCSK9 NELLA PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE

Da Chiara Pavanello

Abbiamo giá visto come l’inibizione di PCSK9, mediante evolocumab e alirocumab consenta di ottenere riduzioni del colesterolo LDL anche superiori al 60%. Quanto questo effettivamente si traduca in una minor incidenza di eventi cardiovascolari è stato però solo parzialmente dimostrato. Gli studi randomizzati e controllati OSLER (con evolocumab) e ODYSSEY LONG-TERM (con alirocumab) avevano calcolato, in una prima analisi esplorativa, una riduzione superiore al 45% rispetto a placebo di tutti gli eventi cardiovascolari dopo un follow-up medio di 65 settimane. Lo studio GLAGOV aveva invece dimostrato l’efficacia di evolocumab nel ridurre dello 0.95% (rispetto ad un peggioramento dello 0.05% con placebo) il volume della placca aterosclerotica, misurata mediante ultrasonografia intravascolare e indicatore surrogato del rischio cardiovascolare.

Finalmente, il 17 marzo sono stati presentati al congresso annuale dell’American College of Cardiology e contemporaneamente pubblicati sul New England Journal of Medicine, i risultati dello studio FOURIER, disegnato per valutare l’efficacia di evolocumab nel ridurre l’incidenza di eventi cardiovascolari in soggetti ad elevato rischio (soggetti giá con infarto del miocardio, ictus ischemico o arteriopatia periferica). Il trial, uno dei più grandi mai condotti, della durata di circa 2 anni, ha incluso più di 27000 pazienti con malattia cardiovascolare. Metá dei soggetti ha assunto l’inibitore di PCSK9, mentre l’altra metá ha assunto placebo. Entrambi in associazione a una terapia ipolipidemizzante standard ottimizzata. L’aggiunta dell’inibitore di PCSK9 ha prodotto una riduzione del 27% del rischio di infarto miocardico e del 21% di ictus, senza però alcun effetto sulla mortalitá totale. L’effetto positivo era già visibile dopo un anno di terapia e indipendente dalla posologia del trattamento e dal valore basale di colesterolo LDL. Dobbiamo invece attendere ancora un anno per conoscere l’effetto sugli endpoint cardiovascolari dei 18000 pazienti inclusi nel trial con alirocumab, l’altro inibitore di PCSK9.

COLESTEROLO HDL BASSO E INFARTO MIOCARDICO NEL GIOVANE

Fin dagli anni ’60 tutti i grandi studi epidemiologici hanno dimostrato che una ridotta concentrazione di colesterolo HDL (il colesterolo “buono”) nel sangue si associa a un aumentato rischio di malattia cardiovascolare. I risultati di un nuovo studio, presentati pochi giorni fa al 66° congresso dell’American College of Cardiology, sono l’ennesima conferma. Gli Autori hanno analizzato retrospettivamente i dati clinici di donne con meno di 50 anni e uomini con meno di 45 anni che hanno avuto un primo infarto miocardico nel corso degli ultimi 16 anni. Analizzando i profili lipidici prima dell’infarto sono stati identificati 813 pazienti (età 48 ± 8 anni; 38% donne) con un pannello lipidico completo; 736 (91%) avevano almeno una anormalità dei lipidi prima dell’infarto. L’anomalia lipidica più diffusa era rappresentata da una riduzione della concentrazione di colesterolo HDL (HDL-C) nel sangue, con un HDL-C < 40 mg / dL nel 92% degli uomini e un HDL-C < 50 mg / dL nel 77% delle donne. Decisamente meno frequente l’aumento del colesterolo LDL.

Se quindi l’epidemiologia fornisce una risposta univoca sull’importanza dell’associazione tra colesterolo HDL e rischio cardiovascolare, genetica e farmacologia forniscono evidenze contrastanti. Malattie genetiche che determinano concentrazioni molto ridotte di HDL colesterolo non sempre si associano a una maggiore incidenza di malattia cardiovascolare. Farmaci, in commercio o sperimentali, che aumentano la concentrazione di colesterolo HDL nel sangue raramente riducono gli eventi cardiovascolari. Come mai questa dissonanza tra epidemiologia e genetica/farmacologia? Nel parleremo presto.

INCLISIRAN: IL CAPOSTIPITE DI UNA NUOVA CLASSE DI FARMACI PER LA TERAPIA DELL’IPERCOLESTEROLEMIA?

Come già ricordato, PCSK9 è un importante regolatore della concentrazione di colesterolo LDL nel sangue, essendo in grado di promuovere la degradazione del recettore-LDL, che media la captazione epatica delle LDL, rimuovendole dal sangue. Ne consegue che il blocco di PCSK9 previene la degradazione dei ricettori, aumenta l’eliminazione epatica delle LDL e ne riduce la concentrazione nel sangue. PCSK9 è diventata quindi un bersaglio privilegiato per lo sviluppo di farmaci innovativi per il trattamento dell’ipercolesterolemia. Due di questi, evolocumab (Repatha) e alirocumab (Praluent), anticorpi monoclonali che inattivano PCSK9, sono da pochi giorni in commercio anche in Italia (ve ne ha parlato Chiara Pavanello).

Inclisiran è invece un siRNA (small interfering RNA, abbiamo visto cosa sono) che, interferendo con il mRNA che codifica per PCSK9, ne impedisce la sintesi. La mancata produzione di PCSK9 preserva i recettori LDL, aumentando l’eliminazione epatica di LDL. Nell’Inclisiran il siRNA è coniugato con dei carboidrati che lo veicolano selettivamente al fegato attraverso il recettore per le asialoglicoproteine.

In questo studio di Fase 1 (la prima fase dello sviluppo clinico di un farmaco prima della sua immissione in commercio), una singola iniezione di Inclisiran ha ridotto la concentrazione plasmatica di PCSK9 del 75% e la concentrazione di LDL colesterolo del 50%. L’effetto su entrambi i parametri si è protratto per più di 6 mesi. Non sono stati rilevati aventi avversi importanti.

IL PANE

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Da millenni è presente nell’alimentazione dell’uomo. Di numerose forme e qualità, è il cibo più consumato al mondo. La nostra normativa alimentare così stabilisce: “per pane si intende il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua, lievito, con o senza aggiunta di sale comune”.

La farina può essere di grano tenero o di grano duro o miscelata, con l’obbligo di avere una percentuale di proteine ≥ del 11,5%. L’acqua è fondamentale per l’apporto di sali minerali, concorrendo alla formazione del glutine. Il sale ne migliora le caratteristiche organolettiche ma non è indispensabile. Il lievito può essere industriale o naturale. Il primo consente tempi di lavorazione rapidi ed è facilmente conservabile. Il secondo è costituito da un impasto precedente, ricco di saccaromiceti, che apporta un sapore e un aroma particolari, con l’inconveniente di avere tempi di lavorazione più lunghi.

Tra i numerosi pregi del pane è doveroso ricordare l’energia apportata (289 Kcal per 100 g.), la facile digeribilità, l’agevole reperibilità e il basso costo.

LA RICETTA. Panzanella

Ingredienti per 4 persone: 200 g. di pane tipo pugliese, 400 g. di pomodori, 200 g. di cetriolo, 15 foglie di basilico, 20 g. di olio extravergine, sale qb. Spezzettare il pane e metterlo a bagno in una terrina di acqua fredda. Affettare finemente le verdure e unirle al pane strizzato. Condire con l’olio, sale e le foglie di basilico spezzettate. Buon appetito!

Kcal (per porzione): 200,11. Proteine: 5,80 g. Lipidi: 6,58 g; saturi 0,87 g; polinsaturi 0,59 g; monoinsaturi 3,87 g. Carboidrati: 31,82 g. Fibra: 5,52 g.