LO YOGURT

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Lo yogurt è un particolare alimento che si ottiene attraverso la fermentazione del latte. Per tale processo si utilizzano dei ceppi selezionati di S. thermophilus e L. bulgaricus con la concentrazione minima di 107 CFU/g (dieci milioni di unità formanti colonie per grammo di prodotto). Spesso vengono aggiunti ulteriori ceppi: i più utilizzati sono Lactobacillus casei e Bifidobacteria. Questi microrganismi provocano l’acidificazione del lattosio e la coagulazione delle proteine (caseine) in piccoli fiocchi, conferendo così al prodotto l’aspetto denso e cremoso. Lo yogurt prodotto da latte intero ha un apporto calorico di 65Kcal. per 100 grammi, le proteine sono di buon valore biologico e raggiungono i 3.5 grammi, mentre i grassi i 3.8 grammi. I prodotti in commercio hanno valori nutrizionali diversi, a seconda se si è aggiunta o meno frutta oppure zuccheri, talvolta vengono addizionate proteine in polvere aumentando così il valore a 5.5 grammi. Si può produrre lo yogurt in casa facilmente impiegando un piccolo quantitativo di yogurt (starter) o fermenti acquistati. Il latte deve essere leggermente intiepidito per facilitare l’acidificazione e mischiato con i fermenti. Si copre il tutto con un panno lasciando un piccolo spiraglio per lasciare passare un po’ di aria, dopo 12 ore si filtra lo yogurt con un colino dove rimangono i fermenti che conservati in frigorifero al massimo per 2 o 3 giorni posso essere riutilizzati di nuovo come madre di nuovo identico prodotto.

I DOLCIFICANTI

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Largamente diffusi, i dolcificanti vengono comunemente classificati come naturali o di sintesi. Aggiunti agli alimenti, grazie alla loro capacità di conferire un sapore dolce, sono impiegati non solo nel settore alimentare, ma anche nelle preparazioni medicinali e dietetiche. Il potere dolcificante può definirsi come la capacità di una sostanza d’eguagliare la stessa intensità di sapore del saccarosio. Quindi una soluzione acquosa di 0.25 grammi, ad esempio, di acesulfame, produce una sapore analogo a quello di una soluzione contenente 50 grammi di saccarosio definendo cosi il potere dolcificante dell’acesulfame pari a 200. Tra i dolcificanti di sintesi, la saccarina è stato il primo scoperto casualmente da un ricercatore della Johns Hopkins University. Divenuta popolare dopo la prima guerra mondiale a causa della scarsità di zucchero, ha un potere dolcificante 300 volte superiore a quello del saccarosio. Usato meno frequentemente, il ciclammato ha un potere dolcificante di 30. Tra i dolcificanti naturali e i derivati dei polialcoli, xilitolo, sorbitolo e mannitolo sono preferiti per la loro proprietà acariogena. Lo stevioside, estratto dalla stevia rebuidiana, è un terpene. Fin dall’antichità tale pianta veniva utilizzata dalle popolazioni dell’America latina come dolcificante, oggi rimane una delle più usate.

IL SORBETTO

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Dolce fresco da consumare al cucchiaio, il sorbetto è un composto di acqua, zucchero e frutta. Di consistenza semidensa e cremosa si ottiene mediante congelamento parziale di succo e polpa di frutta. La sua nascita è antichissima: i primi sorbetti vennero confezionati dalle popolazioni dell’Asia Minore, raffreddando la frutta con la neve dei monti. In epoca moderna Buontalenti e Ruggieri, due pasticceri fiorentini, per lungo tempo si disputarono la paternità del sorbetto. Ma fu, sempre grazie ad un altro Italiano, Procopio, gestore dell’omonimo caffè parigino, che il sorbetto raggiunse grande fama in tutta Europa. Attualmente la normativa dell’Unione Europea stabilisce che il sorbetto di frutta, per poter essere denominato tale, debba contenere almeno il 25% di frutta, ad eccezione di quelli prodotti con i frutti acidi (limone e ribes nero), che possono raggiungere il 15%. In Italia esistono sorbetti molto caratteristici: in Veneto si usa a fine pasto lo sgroppino, un sorbetto di limone con l’aggiunta di prosecco, nel Lazio la cremolada, un incrocio tra granita e sorbetto che viene servita con ciuffi di panna.

IL BORSCH

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Simbolo famossissimo della cucina russa, questa particolare zuppa nasce in Ucraina risentendo di numerose influenze, turche, ceke, greche e polacche. Forse per queste ragioni ne esistono mille varietà, a seconda della zona dove viene cucinata. Il denominatore comune rimangono le barbabietole, che sono protagoniste sia nella classica zuppa calda che nella versione ghiacciata consumata in estate. La ricetta prevede la preparazione di un brodo di carne, che può essere di manzo, pollo o montone. Lessare in una pentola quattro grosse barbabietole e conservare il liquido di cottura. In una casseruola far soffriggere con un pezzetto di burro la cipolla e l’aglio, e agggiungere la carne del brodo precedentemente preparato, tagliata a dadini. Irrorare con l’acqua di cottura delle barbabietole, aggiungendo un cavolo, carote e qualche pomodoro. Cuocere a fuoco lento, aggingendo il brodo di carne fino a quando le verdure non sono morbide. A fine cottura si aggiunge un trito di aneto, prezzemolo ed erba cipollina e si condisce con un cucchiaio di panna acida. Questa zuppa, con un gusto agrodolce particolare, si può conservare per alcuni giorni ed è un ottimo piatto unico, molto energetico.

IL GELATO

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Alimento amato da tutti, il gelato viene consumato in ogni stagione. In commercio si trovano gelati sia artigianali che industriali. Esistono differenze tra i due prodotti con vantaggi e svantaggi per entrambi. Il gelato industriale è sicuramente più sicuro da un punto di vista igenico, essendo prodotto con sistemi standarizzati e controllati. Può avere un’incorporazione di aria dal 100 al 130%, essere prodotto con basi liofilizzate e avere l’aggiunta di emulsionanti e conservanti. Il gelato artigianale, invece, incorpora un minor quantitativo di aria (30- 50%), di solito gli emulsionanti sono più naturali (farina di carrube) e le basi vengono prodotte da un buon gelataio artigiano, con ingredienti freschi. Soprattutto nei mesi estivi, per molti è ormai consuetudine sostituire il veloce pranzo di mezzogiorno con una coppa di gelato. Dal punto di vista nutrizionale, pure se le calorie sono pressappoco equivalenti, non si può affermare che i nutrienti apportati dal gelato siano ben bilanciati. Ovviamente dipende dai gusti scelti, ma, ad esempio, le creme sono ricche di grassi e zuccheri. Anche il senso di sazietà che apporta è minore rispetto a quello di un normale pasto dove la presenza di carboidrati complessi e di fibre nelle verdure contribuisce a farci sentire meno affamati durante la giornata. Tuttavia concederci un peccato di gola una volta a settimana può essere una scelta accettabilissima.

PAPAYA: LA RICETTA

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Di consistenza delicata, il sapore della papaya si può definire una via di mezzo tra l’albicocca e il melone. Succoso e rinfrescante, se colto acerbo questo frutto raggiunge lentamente la maturazione favorendo una conservazione più lunga. Usata per marmellate e frullati la papaya in sud America è consumata anche in piatti salati. La zuppa di pollo e papaya prevede come ingredienti per quattro persone: 350 gr. di papaya matura, 250 gr. di carne di pollo, 1 cipolla, un pizzico di zenzero, qualche foglia di menta,30 g. di olio extravergine, sale e pepe q.b. In una padella cuocere il pollo tagliato a dadini, condito con sale e pepe. In un’altra casseruola far soffriggere la cipolla con l’olio ed aggiungere la papaya tagliata a cubetti, lo zenzero e la menta. Aggiustare di sale e coprire con l’acqua portando a cottura per circa 30 minuti a fuoco basso. Unire il pollo e servire la zuppa fredda in coppette.

Per porzione. Kcal. 164.75; Proteine 14.51 g; Lipidi 8.16 g (saturi 1.39 g, monoinsaturi 5.86 g, polinsaturi 0.79 g); Carboidrati 8.84 g; Fibra 2.23 g.

LA PAPAYA

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Diffusa in tutte le regioni tropicali e subtropicali, la papaya è un piccolo albero simile alla palma. Il frutto ha l’aspetto di una grossa bacca arrotondata e può arrivare a pesare anche 10 chili. All’esterno si presenta di colore verde-giallo, mentre l’interno è di un colore arancione brillante con numerosi semi neri ricoperti di mucillagine. Nella medicina popolare la papaya viene suggerita per contrastare i disturbi digestivi; questo frutto infatti contiene diverse proteasi, come da papaina, chimopapaina e papaina A e B. È noto che tali composti risultano particolarmente efficaci come adiuvanti nella digestione proteica e nell’insufficienza pancreatica. La loro analogia con la pepsina umana gli ha attribuito il soprannome di “pepsina vegetale” e non a caso questa proprietà viene sfruttata nei prodotti impiegati per detergere le lenti a contatto dai depositi proteici. A differenza della pepsina umana, che ha bisogno di un attivatore (acido cloridrico), queste proteasi si attivano in ambiente neutro o basico. In commercio esistono molti integratori a base di papaya fermentata, a cui vengono attribuite molte proprietà antiossidanti. Di certo la composizione è interessante: caroteni, vitamina A e selenio sono agenti antiossidanti. Buono è pure il contenuto di fibra con un valore calorico modesto (30K calorie per 100 grammi).

I PINOLI

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

I pinoli sono semi oleosi commestibili prodotti dal Pinus Pinea o pino comune, albero a larga diffusione nell’area mediterranea, spesso presente anche nei parchi e nei viali cittadini. La pigna viene comunemente considerata il frutto dei pini: in realtà è lo strobilo, lo pseudo frutto che funge da protezione ai piccoli semi definiti mandorle. Le pigne giungono a maturazione nel periodo di circa tre anni e in autunno cadono dall’albero per poi essere raccolte e ammucchiate fino a primavera quando, una volta essiccate, aprono le squame ed espongono i pinoli. Questi sono ancora racchiusi dal guscio legnoso e devono essere liberati, lavati, essiccati prima di essere messi in commercio. Tutti questi procedimenti aumentano i costi di produzione facendo salire il prezzo dei pinoli. Da 100 chili di pigne si ottengono circa 25 kg di pinoli con guscio e alla fine della lavorazione rimangono dai 6 agli 8 chili di prodotto per l’immissione sul mercato. Molto energetici, i pinoli contengono una elevata percentuale di lipidi (50%). Questi grassi sono insaturi e costituiti in maggior parte dall’acido linoleico (omega 6). Hanno un buon contenuto proteico e tra tutti gli amminoacidi spicca l’arginina, precursore dell’ossido nitrico noto per le sue proprietà dilatatorie sul sistema vascolare. Il buon contenuto di tocoferoli (vitamina E) caratterizza i pinoli come antiossidanti. E’ bene valutare l’elevato contenuto calorico, 600 Kcal per ogni 100 grammi, e quindi considerare sufficiente una porzione di circa 20 grammi/die.

IL TOPINAMBUR: LA RICETTA

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Alimento versatile, il topinambur si presta a molte ricette, primi piatti, torte salate, salse. Il suo particolare gusto, che assomiglia a quello del carciofo, e la sua consistenza, che richiama la patata, lo caratterizzano come un alimento molto apprezzato. La ricetta più semplice è quella di cucinarlo trifolato e proporlo come contorno. Gli ingredienti per 4 persone sono: 800 gr. di topinambur, 3 spicchi di aglio, 30 gr. di olio extravergine, circa 200 ml. di brodo vegetale e prezzemolo tritato. Dopo aver ben spazzolato i topinambur, si sbucciano e si tagliano a fettine, che è bene immergere in acqua e limone per non farle annerire. In una padella si scalda l’olio con l’aglio per poi aggiungere le fettine di topinambur. Si porta a cottura aggiungendo il brodo vegetale al bisogno. A fine cottura si sala e si aggiunge il prezzemolo tritato. I topinambur dovranno risultare cotti e ancora croccanti.

Per porzione. Kcal 219.00. Proteine 2.02 gr. Lipidi 7.64 gr. Carboidrati 34.78 gr. Fibra 3.35 gr.

IL TOPINAMBUR

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Il topinambur è una radice commestibile originaria delle praterie del Nord America. Chiamata “chiqueli” dagli indigeni, fu importata nel 1600 in Europa, dove si diffuse con nomi differenti come noci di terra, o carciofi del Canada, o di Gerusalemme. Le varietà coltivate sono due: la bianca, detta anche precoce, e la bordeaux, che viene raccolta durante l’inverno. Il topinambur è diffuso in quasi tutta l’Italia tranne in Sardegna, dove non è presente questa pianta infestante delle Asteracee. La parte aerea può raggiungere i tre metri mentre la parte sotterranea presenta un rizoma edibile, di 3-5 cm nodoso e bitorzoluto. Viene spesso confuso con la patata, ma presenta diversità notevoli sia di sapore che di composizione. Ricco di vitamine A e B, contiene numerosi micronutrienti tra cui magnesio e potassio. La presenza di inulina, un oligosaccaride composto da lunghe catene di fruttosio caratterizza questo tubero. È dimostrato che l’inulina favorisce la digestione e l’equilibrio della flora intestinale. Utilissima anche nelle diete, aumenta di volume in presenza di acqua, aumentando il senso di sazietà.