LA PATATA DOLCE: LE RICETTE

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Introdotta in Europa da Cristoforo Colombo, la patata dolce non fu mai considerata un alimento di particolare valore. Solo nel 1880 Il conte Antonio Donà dalle Rose ne iniziò in Veneto, nella provincia di Rovigo, la coltivazione, intuendo la potenzialità di questo tubero. Nel Polesine se ne diffuse rapidamente la coltivazione e il consumo con nascita di diverse ricette. Non a caso i famosi maneghi, gnocchi dolci conditi con cannella e burro, sono diventati un piatto tipico del Polesine.

La torta di patate e mele è anch’essa caratteristica di questa zona; gli ingredienti sono: 1 kg. di patate dolci, 300 gr. di mele, 150 ml. di latte, 100 gr. di uvetta, 200 gr. di farina, 200 gr. di zucchero, 80 gr. di fichi secchi, scorza di limone grattugiata, 2 uova, una bustina di lievito e un pizzico di sale. Si lessano le patate in abbondante acqua e, una volta cotte, si schiacciano a purea. A questa vanno aggiunte le mele tagliate a tocchetti, l’uvetta, lo zucchero, i fichi, il sale e per ultimo le uova e il lievito setacciato. Foderare una teglia con carta da forno e cuocere a 180° per circa 45 minuti. Servire fredda con una spolverata di zucchero a velo.

Per porzione. Kcal 312.96. Proteine 7.45 gr. Lipidi 2.74 gr (saturi 0.81 gr; monoinsaturi 0.77 gr; polinsaturi 0.29 gr). Carboidrati 92.26 gr. Fibra 6.14 gr.

LA PATATA DOLCE

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosiso

La patata dolce (Ipomea batatas) è originaria delle aree tropicali delle Americhe. Importata in Europa da Cristoforo Colombo e inizialmente studiata come curiosità botanica, solo in un  tempo più recente è stata apprezzata come alimento. Cresce bene alle temperature miti non tollerando climi rigidi, motivo per il quale le coltivazioni in Italia sono presenti soprattutto in Puglia. La batata è più grande della patata comune e può raggiungere anche i tre chili. Le varietà sono numerosissime e vengono distinte in base alla colorazione della buccia. Le più diffuse sono la rossa, la viola e la bianca. Da un punto di vista nutrizionale, la patata dolce o batata contiene prevalentemente carboidrati complessi e zuccheri semplici; nonostante la presenza di  questi ultimi, l’indice glicemico di questa radice è inferiore a quello delle patate e questo la rende  adatta anche ai diabetici. Il contenuto di vitamina A è quattro volte maggiore rispetto al fabbisogno giornaliero raccomandato soprattutto nella patata rossa. Ricche di potassio, le patate dolci hanno un valore calorico di 87 kcalorie ogni 100 grammi.

LA MANIOCA: LE RICETTE

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Il tubero di manioca si presta a molte ricette: tra queste, le più conosciute sono quelle brasiliane. Si può cucinare bollito come accompagnamento ad altre pietanze, oppure fritto come fosse una patata. L’importante è sbucciare bene il tubero e lessarlo fino a quando diventa tenero (circa mezz’ora). Si può arrostirlo o anche passarlo come purea. La farina di tapioca viene utilizzata come addensante nelle preparazioni alimentari. In Brasile si usa per preparare la tutù de feijão, piatto con purea di fave e tapioca, l’arepa pane farcito con salame e verdure.

Una ricetta semplice e golosa è il budino di tapioca i cui ingredienti sono: 400 ml. di acqua, 100 gr. di zucchero di canna, 180 ml. di latte di cocco, 40 gr. di perle di tapioca, una bacca di vaniglia: si versa la tapioca nell’acqua lasciando cuocere per 15 minuti; quindi si aggiunge il latte di cocco e lo zucchero, si aromatizza con la vaniglia continuando a cuocere per altri 5 minuti. Far raffreddare e servire il budino.

Per porzione. Kcal 165.05. Proteine 0.165 gr; lipidi 0.425 gr (saturi 0.41 gr, monoinsaturi 0.005 gr, polinsaturi 0.003 gr); carboidrati 36,12 gr; fibra 0.085 gr.

LA MANIOCA

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio 

La manioca o yuca appartiene alla famiglia Euforbiacee ed è originaria del Sud America. La parte edibile è la radice, che si presenta di colore bruno con polpa bianca, di sapore leggermente legnoso con retrogusto particolare, che ricorda la mandorla. È facilmente coltivabile, crescendo addirittura allo stato selvatico. Esistono due varietà: la manioca dolce, che può essere consumata anche cruda, e la manioca amara, che deve essere necessariamente consumata cotta per la presenza di acido cianidrico (contenuto per lo più nella buccia) che scompare con la cottura ad alte temperature. Questo tubero viene consumato principalmente bollito e poi fritto come fosse una patata. La manioca contiene poche proteine, pochissimi grassi, ma molti carboidrati. Dall‘amido della manioca si ricava la tapioca, una farina che può essere usata in sostituzione della farina di grano. Si ricava grattugiando ed essiccando la polpa di manioca fino a ottenere una fecola che, ulteriormente trattata, dà origine ai fiocchi di tapioca. Molto nutriente per l’alto contenuto di carboidrati, viene utilizzata nelle preparazioni di focacce, frittelle e panini. Non contenendo glutine è anche particolarmente indicata nelle diete dei celiaci.

LA CIPOLLA ROSSA

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

La cipolla rossa è un bulbo appartenente alla famiglia delle Liliacee. Ne esistono molte varietà ma in Italia una delle più famose è la cipolla rossa di Tropea. Coltivata in Calabria, la raccolta viene ancora effettuata a mano, quindi si raggruppano più elementi che si fanno seccare in forma di trecce in modo da ottenere una perfetta conservazione. La cipolla rossa ha un buon contenuto di zucchero, potassio, fosforo. Le vitamine del gruppo B sono presenti, come pure un interessante contenuto di beta-carotene, luteina. Il flavonoide che la caratterizza di maggiormente è la quercetina. Recenti studi in vitro hanno evidenziato come  l’estratto di quercetina, posto a contatto con cellule neoplastiche, riesca a creare un ambiente sfavorevole, ostacolando così la comunicazione tra cellule e inibendone la crescita. Gli studi devono essere ancora confermati sull’uomo; già da ora, comunque, si sta ricercando un metodo efficace di estrazione della quercetina nella prospettiva di un suo utilizzo come nutraceutico.

IL KIWI ROSSO

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Fruit Logistic Innovation Awards è un concorso che assegna ogni anno un premio a una innovazione nel settore ortofrutticolo. Quest’anno l’Italia vi è presente con quattro  prodotti in nomination: accanto allo snocciolatore di avocado, alla macchina seminatrice elettronica, a quella raccoglitrice per la valeriana, è presente anche un nuova tipologia di frutto, il kiwi Dong-Hong, comunemente chiamato “kiwi rosso”. Si caratterizza per la sua polpa rossa dal sapore dolce che ricorda quello della ciliegia, nonchè da un retrogusto che ricorda la frutta esotica. La pianta da cui nasce è estremamente vigorosa e si adatta bene al nostro clima, con una notevole produzione, certamente maggiore rispetto a quella del più conosciuto kiwi a polpa verde. Il kiwi rosso ha un contenuto notevole di fosforo, pari a quello della banana, e soprattutto è ricchissimo di vitamina C (185 mg. ogni 100 grammi), più del doppio rispetto al kiwi tradizionale. Ha un buon contenuto di vitamina A e di serotonina, molecola del buon umore contenuta anche nella cioccolata. Recentemente un’industria ortofrutticola ha colto l’opportunità di mercato presentando una confezione contenente i tre diversi tipi di kiwi per poter far apprezzare le differenze ai consumatori.

IL PEPE

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Conosciuto e utilizzato da tutti i popoli antichi, il pepe è la spezia più diffusa al mondo. Già tra i Greci, ma soprattutto nell’Impero romano, divenne simbolo di ricchezza e merce di scambio, come una vera propria moneta. Tra le molte varietà, la più diffusa è il pepe nero, che si ricava da una pianta, la Piper Nigrus della famiglia delle Piperacee, originaria dell’India. Per ricavarne i grani di pepe si sbollentano i frutti che poi, in un secondo tempo, vengono essiccati al sole per dieci giorni fino a raggiungere l‘aspetto di grani rugosi e neri. Altre varietà conosciutissime sono il pepe bianco, ottenuto solo dai semi dei frutti, il pepe verde ottenuto dai frutti acerbi, il pepe grigio che altro non è che una miscela tra il bianco e il nero macinati finemente. Il pepe rosa, invece, deriva dalla bacca di un determinato albero del genere Schinus; è in realtà un falso pepe, pur avendo gusto simile. Il pepe è una fonte di sostanze antiossidanti: luteina, zexantina, licopene, bete-criptoxantina. Ha una buona quantità di acido folico e la caratteristica principale è il contenuto di piperina, che conferisce il caratteristico gusto. Questo alcaloide ha la caratteristica di aumentare la termogenesi con funzione antibatterica e antinfiammatoria. Recenti studi arrivano ad evidenziarne l azione antidepressiva grazie alla sua capacità di stimolare la produzione di endorfine a livello cerebrale.

IL NUTRIPIATTO

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Secondo un rapporto dell’UNICEF, nel 2017 il 5.6% della popolazione infantile mondiale è risultata sovrappeso. In Italia la percentuale di bambini e adolescenti obesi è aumentata di 3 volte rispetto al 1975. Questo grave problema è causato sia da un eccessivo consumo di cibi ricchi in zuccheri e grassi, sia da una ridotta attività fisica. I dati  ISTAT  confermano  che in Italia la sedentarietà è alta (48%) nella fascia 3/5 anni, per poi diminuire e attestarsi nella fascia 18/19 anni su un valore del 21%. Nell’Europa meridionale, Italia compresa,  il tasso di obesità nella scuola elementare raggiunge il 21% per i maschi e il 14% per le femmine, con valori in incremento se si considera anche il semplice sovrappeso. Per arginare questo rilevante problema diviene indispensabile introdurre un progetto di educazione alimentare atto a modificare lo stile di vita. Il progetto internazionale Nestlé for Healthier Kids si pone l’obiettivo, entro il 2030, di promuovere attraverso un kit educativo una sana alimentazione e una buona attività fisica.

Esperti nutrizionisti hanno individuato per ciascun cibo le porzioni adatte e così, cercando di coinvolgere i bambini, hanno ideato il “nutripiatto”: il piatto è diviso in tre parti e ciascun bambino può avere un’idea della porzionatura misurando (o con il palmo della mano o con il pugno) la giusta quantità di alimento. Le ricette consigliate seguono la “dieta mediterranea” e le linee guida della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU). L’obiettivo è di raggiungere il 15% delle famiglie italiane, diffondendo il kit negli esercizi che aderiscono all’iniziativa oppure rendendolo disponbile on line: https://www.nutripiatto.nestle.it

LA SENAPE

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Molto diffusa nel bacino del Mediterraneo, la senape o brassica nigra è una pianta della famiglia delle Apiaceae. Cresce spontaneamente un po’ ovunque, in campagna o nei campi incolti. Le foglie sono commestibili, di gradevole sapore aromatico, vengono consumate in insalata. L’elemento più interessante della pianta è rappresentato dai semi: una volta maturi vengono raccolti ed essiccati per poi essere triturati, ottenendo così una farina che, con l’aggiunta di altri ingredienti, forma la famosa salsa. I semi sono molto calorici, ricchi di vitamina B1, B2 e minerali come calcio e fosforo. Sono caratterizzati da glucosilati, i responsabili del gusto piccante. In particolare la sinalbina, presente nella senape bianca, e la sinigrina, nella senape scura, danno origine per idrolisi all’isotiocianato, che caratterizza odore e gusto dei semi di senape. I semi sono altresì utilizzati in fitoterapia, per la cura di nevralgie o reumatismi o come cataplasma nella tosse catarrosa. È possibile preparare in casa la salsa di senape, che può essere facilmente conservata. La ricetta prevede l’utilizzo di 50 grammi di senape gialla, 50 grammi di senape scura, 80 grammi di aceto di mele, 80 grammi di acqua, 40 grammi di olio di oliva extravergine, 30 grammi di zucchero di canna. Il procedimento prevede l’ammollo dei semi in aceto per una notte, quindi si frulla con tutti gli ingredienti fino a ottenere una crema a cui va aggiunto a filo l’olio d’oliva extravergine.

PRODOTTI AGROALIMENTARI TRADIZIONALI: LA JOTA

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

La jota è una minestra di fagioli, crauti e patate che viene consumata nel Friuli Venezia Giulia, in Carnia e nel goriziano. Il nome jota deriva dal latino jutta che fa riferimento a un beverone o una brodaglia. È una minestra che nasce nelle zone rurali dove, per sfruttare gli avanzi di fagioli e di cavolo cappuccio fermentato (chiamato “garbi” a Trieste), si cucinava un piatto che doveva durare per più giorni. Nel tempo la ricetta è stata arricchita con nuovi ingredienti: spezie, aromi, avanzi di carne di maiale. La ricetta triestina è forse quella più diffusa e più vicina a quella tramandata nel tempo: i fagioli  vengono lessati  in una pentola con una foglia di alloro mentre in un’altra pentola si fa un soffritto con l’aglio e olio aggiungendo i crauti che vengono coperti  a raso con acqua, aggiustando quindi con cumino, sale pepe. Poi si tagliano a pezzetti le patate e si portano a cottura con i fagioli, si passa il tutto fino ad ottenere una densa purea che si versa sui crauti. Per ultimo, in un pentolino con olio si tosta un po’ di farina che  viene aggiunta alla minestra. La jota cosi si presenta nel suo bel colore bruno e può finalmente essere servita calda e gustata con crostini di pane.