L’ALLENAMENTO PER CORRERE UNA MARATONA RIDUCE LA RIGIDITÀ ARTERIOSA

L’invecchiamento aumenta la rigidità arteriosa, contribuendo così a incrementare il rischio di malattie cardiovascolari, anche in soggetti peraltro sani (www.centrogrossipaoletti.org). I ricercatori dell’University College di Londra, hanno esaminato 138 individui che hanno affrontato per la prima volta una maratona, partecipando all’edizione 2016 o 2017 della London Marathon. L’età media dei partecipanti era di 37 anni e il 49% erano maschi; nessuno aveva corso per più di due ore alla settimana prima di iniziare l’allenamento. Hanno svolto un allenamento moderato (6 mesi a 9-20 km/settimana) e raggiunto obiettivi di corsa realistici, percorrendo la maratona in 5.4 ore (donne) e 4.5 ore (maschi). I ricercatori hanno esaminato i partecipanti prima dell’inizio dell’allenamento e 2 settimane dopo aver completato la gara.
Il periodo di allenamento ha prodotto un calo medio della pressione sistolica e diastolica di 4 e 3 mmHg. Parallelamente è diminuita anche la rigidità arteriosa, “ringiovanendo” le arterie di circa 4 anni. Questo risultato mostra che è possibile invertire le conseguenze dell’invecchiamento sui nostri vasi sanguigni con soli sei mesi di esercizio moderato.

J Amer Coll Cardiol (IF=18.639) 75:60,2020

ATTIVITÀ FISICA. PER I CARDIOPATICI PIÙ BENEFICI

L’attività fisica riduce la mortalità; ma il benefico è più evidente nelle persone con problemi cardiovascolari. Un gruppo di ricercatori coreani ha seguito per 5.9 anni 131.558 pazienti con malattie cardiovascolari e 310.240 persone sane, da quando avevano circa 60 anni. I livelli e l’intensità dell’attività fisica svolta dai partecipanti sono stati valutati in termini di equivalenti metabolici (MET-minuti a settimana) (vedi www.centrogrossipaoletti.org). È stata osservata una correlazione inversa tra attività fisica e mortalità in entrambi i gruppi. Ma la riduzione della mortalità indotta dall’esercizio è superiore in prevenzione secondaria. Infatti, nei pazienti con malattie cardiovascolari, ogni 500 MET-minuti/settimana in più comportano una riduzione del 14% della mortalità; negli individui sani la riduzione è del 7%.

Ricordiamo che le linee guida raccomandano di eseguire un’attività fisica corrispondente a 500-1000 MET-minuti a settimana.

Eur Heart J (IF=24.889) Sep 1 2019. doi: 10.1093/eurheartj/ehz564.

L’ESERCIZIO FISICO ALLUNGA LA VITA. A QUALUNQUE ETÀ

Un gruppo di ricercatori del Regno Unito ha condotto uno studio incentrato sul rapporto tra attività fisica e longevità in uomini e donne di mezza età e anziani. Hanno valutato per otto anni l’attività fisica complessiva svolta durante il lavoro e il tempo libero di 14.599 uomini e donne, che al reclutamento avevano tra i 40 e gli 80 anni. Hanno poi iniziato a monitorare la mortalità, e hanno continuato in media per 12.5 anni.
Durante questo periodo sono deceduti 3.148 partecipanti, di cui 950 per malattie cardiovascolari e 1.091 per cancro. Hanno osservato che il passaggio da una vita sedentaria a un’attività fisica moderata (almeno 150 minuti a settimana, come raccomandato dall’OMS) era associato a una riduzione del rischio di morte per qualunque causa del 24%, di morte per malattie cardiovascolare del 29%, di morte per cancro dell’11%. Tutti i partecipanti hanno beneficiato dell’esercizio fisico, anche coloro che soffrivano di una condizione cronica grave come malattie cardiache o cancro prima dello studio. La riduzione della mortalità era associata all’aumento dell’attività fisica indipendentemente dai livelli di attività pregressi e persino dal peggioramento di altri fattori di rischio come dieta, peso corporeo, pressione arteriosa e livelli di colesterolo nel corso degli anni. A livello di popolazione, i ricercatori hanno stimato che almeno 150 minuti a settimana di attività fisica a intensità moderata potrebbero prevenire il 46% dei decessi associati all’inattività fisica.

BMJ (IF=27.604) 365:l2323,2019

CONTARE I PASSI MANTIENE IN SALUTE

Le persone che contano i passi quotidianamente sono più attive e hanno meno probabilità di sviluppare problemi di salute che conducono a eventi come attacchi cardiaci o fratture. I ricercatori della St George’s University di Londra hanno reclutato 1.297 individui (età 45-75 anni), la metà dei quali era stata assegnata a rilevare il numero di passi con un contapassi per un periodo di 12 settimane. Tre-quattro anni dopo, i partecipanti che avevano utilizzato i contapassi avevano meno di probabilità di riportare una frattura (-44%) e di avere un grave evento cardiovascolare come un attacco cardiaco o un ictus (-66%).
I contapassi possono essere utili per monitorare l’attività fisica perché forniscono dati oggettivi sull’attività svolta e possono essere usati per creare obiettivi realistici per aumentare gradualmente la camminata.

PLoS Med (IF=11.408) 16:e1002836,2019

BASTANO DUE ORE A SETTIMANA NELLA NATURA PER VIVERE MEGLIO

Stare a contatto con la natura per almeno 2 ore a settimana migliora la salute psico-fisica. A certificare la validità di questo concetto è un ampio studio britannico condotto dai ricercatori dell’European Centre for Environment and Human Health all’University of Exeter Medical School. Hanno analizzato 19.800 risposte fornite nel biennio 2014-2016 a un’indagine del governo britannico che valutava il “coinvolgimento nell’ambiente naturale” di un campione di residenti in Inghilterra, rappresentativo dell’intera nazione. Ai partecipanti sono state poste domande sul rapporto con la natura (visite a parchi, aree naturali, spiagge, terreni coltivati, colline e fiumi) e quesiti sulla salute e il benessere generale.
Le persone che avevano passato almeno due ore nella natura la settimana precedente la rilevazione presentavano una maggior probabilità di riferire un grande benessere (+23%) e di essere in buona salute (+59%), rispetto a quelle che non avevano avuto contatti con la natura. L’effetto positivo aumentava con l’aumentare del tempo trascorso nella natura, raggiungendo il picco con tre ore a settimana per la salute e cinque ore a settimana per la sensazione di benessere.

Sci Rep (IF=4.011) 9:7730,2019

CAMMINARE, ANCHE POCO, RIDUCE LA MORTALITÀ NELLE DONNE ANZIANE

A tutti voi è noto che camminare riduce morbidità e mortalità. Gli esperti delle Organizzazioni Internazionali pongono l’asticella dell’elisir di lunga vita a quota 10 mila passi al giorno. Che sono veramente tanti per alcuni (gli inattivi non fanno più di 2.000 passi al giorno), e una passeggiata per altri.
Ricercatori del Brigham and Women’s Hospital di Boston e Harvard Medical School hanno analizzato i livelli di attività fisica di 16741 donne di età media pari a 72 anni, e hanno poi registrato i decessi nei successivi 4.3 anni. Alle partecipati è stato chiesto di indossare un accelerometro durante le ore diurne, per 7 giorni, con il quale venivano rilevati il numero di passi giornalieri e la velocità della camminata (passi/minuto). Le donne che hanno partecipato allo studio facevano in media 5499 passi al giorno.
Nel corso del follow-up 504 donne sono decedute. Le donne che fanno circa 4.400 passi al giorno presentano una mortalità ridotta del 41% rispetto a coloro che si fermano a 2.700 passi al giorno. Aumentando il numero di passi giornalieri, la mortalità continua a diminuire fino ai 7.500 passi al giorno; oltre tale livello non si riscontrano ulteriori riduzioni della mortalità. L’intensità della camminata invece si associa a una riduzione della mortalità.
“Il consiglio di camminare 10 mila passi al giorno può scoraggiare, commentano gli autori. Il nostro studio dimostra che anche un modesto aumento nel numero di passi giornalieri si associa a una riduzione significativa della mortalità nelle donne anziane, a sostenere con forza il messaggio: camminare di più, anche un po’ di più, fa la differenza”.

JAMA Intern Med (IF=20.768) 2019 May 29. doi: 10.1001/jamainternmed.2019.0899.

UNA LEGGERA ATTIVITÀ FISICA PER NON “PERDERE” IL CERVELLO

l volume del cervello diminuisce dello 0,2% circa ogni anno, a partire dai 60 anni. Un restringimento eccessivo è legato a problemi cognitivi. E una leggera attività fisica potrebbe avere effetti benefici su questo processo. L’evidenza emerge da uno studio condotto da un team della Boston University School of Medicine.
Lo studio è stato condotto su 2.354 volontari di mezza età, che sono stati sottoposti a diversi livelli e frequenza di attività fisica. I partecipanti hanno indossato un piccolo accelerometro per un periodo variabile dai 3 agli 8 giorni. In questo modo sono stati misurati il dispendio energetico e il numero di passi. Il volume del cervello è stato valutato usando la risonanza magnetica. I ricercatori hanno allora osservato che ogni ora di leggera attività fisica in più si associa a un aumento del volume cerebrale dello 0.22%.
Un attività fisica d’intensità moderata, come camminare a passo sostenuto, svolta per 19 minuti al giorno, è invece associata a un volume cerebrale maggiore dello 0.29% rispetto a coloro che svolgevano in media un’attività per meno di 10 minuti al giorno. Secondo le stime dei ricercatori, ogni ora aggiuntiva di attività fisica di lieve intensità sarebbe associata a circa 1.1 anni d’invecchiamento cerebrale in meno.
Una differenza nel volume cerebrale è stata riscontrata anche per quanto riguarda il numero di passi compiuti: i partecipanti che effettuavano almeno 7.500 passi al giorno presentavano volumi cerebrali maggiori di coloro che avevano una media inferiore a 7.500.
I livelli di esercizio fisico dello studio sono inferiori a quelli che, secondo le linee guida, possono apportare sostanziali benefici per la salute. Gli adulti dovrebbero puntare ad almeno 150 minuti a settimana, quindi circa 21 minuti al giorno, di attività fisica d’intensità moderata, oppure 75 minuti a settimana di esercizio fisico vigoroso, e almeno 10.000 passi al giorno.

JAMA Netw Open 2:e192745,2019.

PRATICARE YOGA REGOLARMENTE ABBASSA LA PRESSIONE

I ricercatori della Connecticut University, guidati da Yin Wu, hanno analizzato i dati provenienti da 49 studi clinici per un totale di 3.517 partecipanti. Generalmente, si trattava di uomini e donne sovrappeso, di mezza età e ipertesi (pressione arteriosa media 129.3/80.7 mmHg). È stata misurata la pressione arteriosa prima e dopo l’assegnazione a caso dei partecipanti a fare yoga o a essere parte di un gruppo di controllo senza programmi di esercizio fisico. I partecipanti hanno fatto in media 5 sedute settimanali di yoga da 60 min per un periodo di 14 settimane. Nel complesso, chi ha praticato yoga ha mostrato riduzioni medie della pressione sistolica superiori ai 5 mmHg rispetto ai gruppi di controllo, mentre la pressione diastolica si è ridotta di 3.9 mmHg. Quando i soggetti ipertesi hanno fatto yoga tre volte a settimana in sessioni che hanno incluso anche esercizi di respirazione e rilassamento, i valori medi sono calati di 11 mmHg per quanto riguarda la pressione sistolica e di 6 mmHg per quella diastolica. Lo yoga è apparso meno efficace quando la pratica yoga non era accompagnata da esercizi di respirazione e rilassamento o meditazione; in queste circostanze, lo yoga è stato associato a riduzioni medie di 6 mmHg nella pressione sistolica e di 3 mmHg in quella diastolica.

Mayo Clin Proc (IF=7.199) 94:432,2019

L’ESERCIZIO AEROBICO MIGLIORA LE CAPACITÀ DI PENSIERO A TUTTE LE ETÀ

La gente pensa al declino mentale come a qualcosa che si verifica tardi nella vita, ma molti studi mostrano un declino quasi lineare delle funzioni cognitive dai 30 anni in poi. Tra le poche misure in grado di migliorare le capacità cognitive negli anziani, l’esercizio aerobico ha un ruolo importante. Un nuovo piccolo studio rivela che l’esercizio aerobico aumenta le capacità di pensiero anche negli adulti più giovani. Dopo un allenamento aerobico di sei mesi, un gruppo di adulti ha infatti mostrato miglioramenti nella funzione esecutiva – i processi cognitivi importanti per il ragionamento, la pianificazione e la risoluzione dei problemi – e l’espansione della materia grigia nella regione del cervello responsabile di tali funzioni.
Un gruppo di confronto, che ha fatto solo stretching e tonificazione durante lo stesso periodo non ha riportato gli stessi benefici.
Gli autori hanno reclutato 132 volontari di età compresa tra 20 e 67 anni, che non avevano fatto esercizio fisico aerobico continuativo prima dello studio. Ai volontari sono stati somministrati dei test per valutare la funzione esecutiva, la memoria episodica, la velocità di elaborazione mentale, le abilità linguistiche e l’attenzione. I ricercatori li hanno poi assegnati in modo casuale a uno di due gruppi: una metà in quello aerobico, che si allenava per aumentare la frequenza cardiaca, mentre l’altra metà doveva compiere sessioni di tonificazione non aerobica e stretching. I volontari di ciascun gruppo hanno partecipato a quattro sessioni di allenamento settimanali per 24 settimane. Sono stati nuovamente testati per le capacità cognitive a 12 e 24 settimane, e sottoposti a risonanza magnetica cerebrale all’inizio e alla fine dello studio. Alla fine del periodo di studio, il gruppo di stretching e tonificazione non ha fatto registrare variazioni delle capacità cognitive, mentre il gruppo “esercizio aerobico” ha mostrato aumenti significativi delle funzioni cognitive a tutte le età, sebbene i partecipanti più anziani mostrassero miglioramenti maggiori rispetto ai più giovani. Le risonanze magnetiche hanno anche mostrato un aumento di spessore nella corteccia frontale del cervello alla fine delle 24 settimane di esercizio aerobico.

Neurology (IF=8.055) 2019 Jan 30. doi:10.1212/WNL.0000000000007003

L’ATTIVITÀ FISICA PUÒ RALLENTARE IL DETERIORAMENTO COGNITIVO

Gli anziani che presentano già un deterioramento cognitivo, ma non demenza, potrebbero trarre giovamento, per quanto riguarda la capacità di pensiero, dal praticare un’attività fisica aerobica come camminare o andare in bicicletta qualche volta a settimana.
I ricercatori, guidati da James Blumenthal del Duke University Medical Center di Durham, North Carolina, hanno studiato 160 adulti, con un’età media di 65 anni, sedentari e con deterioramento cognitivo, ma senza demenza. I partecipanti sono stati assegnati in modo randomizzato a 4 gruppi: 1) attività fisica aerobica tre volte a settimane, 2) counseling nutrizionale e dieta sana per il cuore, 3) attività fisica aerobica e counseling nutrizionale, 4) gruppo di controllo, che non ha cambiato abitudini alimentari o motorie.
I partecipanti assegnati al gruppo (1) hanno svolto tre sessioni settimanali di 45 minuti, composte da 10 minuti di riscaldamento e 35 minuti di attività come camminare, fare jogging o andare in bicicletta. Per i primi tre mesi, si sono allenati al 70% della loro frequenza cardiaca massima, mentre per i successivi tre mesi lo hanno fatto all’80%.
I soggetti nel gruppo (2) sono state informati su come seguire la dieta DASH, che prevede un’alimentazione povera di sodio e ricca di fibre con molta frutta e verdura, fagioli, noci, latticini a basso contenuto di grassi, cereali integrali e carni magre. L’end-point primario era costituito da un composto di misure derivate da vari tests che valutavano diverse funzione cognitive (come capacità di pensiero, linguaggio, memoria…).
I soggetti nel gruppo di controllo non hanno mostrato miglioramenti nelle funzioni cognitive; di fatto, in media, le loro funzioni sono leggermente calate, l’equivalente di sei mesi di invecchiamento. La sola dieta DASH non ha influito sulle capacità cognitive, che sono migliorate invece nei soggetti assegnati al gruppo (2), un miglioramento equivalente all’annullamento di quasi nove anni di invecchiamento. In particolare, l’attività fisica ha migliorato capacità di pensiero note come funzioni esecutive, che riguardano la capacità di  controllare il proprio comportamento, prestare attenzione, organizzare idee e raggiungere obiettivi; non ha invece migliorato la memoria. I miglioramenti più evidenti delle funzioni cognitive sono stati osservati negli individui del gruppo (3), che hanno seguito il programma di attività fisica e dieta DASH, indicando che la dieta potrebbe potenziare gli effetti dell’attività fisica.
Attualmente non esistono terapie mediche approvate per fermare o annullare il deterioramento cognitivo legato all’età; questo studio dimostra che cambiamenti nello stile di vita possono ritardare di alcuni anni il decadimento di alcune funzioni cognitive.

Neurology (IF=8.055) Dec 2018, doi: 10.1212/WNL.0000000000006784