CONCENTRAZIONI DI COLESTEROLO LDL MOLTO BASSE SONO PERICOLOSE?

È noto a tutti voi che ridurre la concentrazione di colesterolo LDL (il colesterolo “cattivo”) nel sangue diminuisce il rischio di incorrere in eventi cardio- e cerebro-vascolari. Ma c’è pericolo per la salute quando i livelli di colesterolo LDL scendono a valori molto bassi? In questa pubblicazione i ricercatori dello studio IMPROVE-IT forniscono una risposta a questo dubbio.

Nello studio IMPROVE-IT la terapia ipolipemizzante intensiva ​con simvastatina ed ezetimibe in 18.144 pazienti sopravvissuti a una sindrome coronarica acuta ha prodotto una significativa riduzione degli eventi cardiovascolari rispetto alla sola simvastatina. Nella nuova analisi dei risultati dello studio si è valutata la sicurezza e l’efficacia clinica di raggiungere un livello molto basso (< 30 mg/dl) di colesterolo LDL. Tra i 15.281 pazienti inclusi nell’analisi, circa il 6% ha raggiunto un livello di colesterolo LDL inferiore a 30 mg/dl. L’analisi multivariata ha mostrato che al follow-up di 6 anni non vi era alcuna associazione tra livello di colesterolo LDL raggiunto con la terapia ed eventi avversi pre-specificati (eventi avversi di natura muscolare, epatobiliare, eventi neurocognitivi, ictus emorragico, insufficienza cardiaca, cancro e morte non cardiovascolare). Gli eventi cardiovascolari erano significativamente ridotti nei pazienti che hanno raggiunto un livello di colesterolo LDL inferiore a 30 mg/dl rispetto al 26% di pazienti che con la terapia hanno avuto un livello di colesterolo maggiore di 70 mg/dl. Si dimostra così che una terapia aggressiva sul colesterolo LDL migliora i benefici cardiovascolari senza problemi per la salute dei pazienti.

COLESTEROLO HDL BASSO E INFARTO MIOCARDICO NEL GIOVANE

Fin dagli anni ’60 tutti i grandi studi epidemiologici hanno dimostrato che una ridotta concentrazione di colesterolo HDL (il colesterolo “buono”) nel sangue si associa a un aumentato rischio di malattia cardiovascolare. I risultati di un nuovo studio, presentati pochi giorni fa al 66° congresso dell’American College of Cardiology, sono l’ennesima conferma. Gli Autori hanno analizzato retrospettivamente i dati clinici di donne con meno di 50 anni e uomini con meno di 45 anni che hanno avuto un primo infarto miocardico nel corso degli ultimi 16 anni. Analizzando i profili lipidici prima dell’infarto sono stati identificati 813 pazienti (età 48 ± 8 anni; 38% donne) con un pannello lipidico completo; 736 (91%) avevano almeno una anormalità dei lipidi prima dell’infarto. L’anomalia lipidica più diffusa era rappresentata da una riduzione della concentrazione di colesterolo HDL (HDL-C) nel sangue, con un HDL-C < 40 mg / dL nel 92% degli uomini e un HDL-C < 50 mg / dL nel 77% delle donne. Decisamente meno frequente l’aumento del colesterolo LDL.

Se quindi l’epidemiologia fornisce una risposta univoca sull’importanza dell’associazione tra colesterolo HDL e rischio cardiovascolare, genetica e farmacologia forniscono evidenze contrastanti. Malattie genetiche che determinano concentrazioni molto ridotte di HDL colesterolo non sempre si associano a una maggiore incidenza di malattia cardiovascolare. Farmaci, in commercio o sperimentali, che aumentano la concentrazione di colesterolo HDL nel sangue raramente riducono gli eventi cardiovascolari. Come mai questa dissonanza tra epidemiologia e genetica/farmacologia? Nel parleremo presto.

COME IL COLESTEROLO DANNEGGIA LE ARTERIE?

Essendo il colesterolo un costituente fisiologico del nostro organismo, il problema è costituito non dalla sua presenza ma dal suo eccesso, in particolare nelle arterie che svolgono la funzione di portare sangue ossigenato agli organi. Il colesterolo presente nel sangue tende a depositarsi all’interno delle pareti delle arterie quando supera determinate concentrazioni nel sangue.

Con il passare del tempo il deposito tende ad aumentare, sino a formare delle lesioni denominate “placche ateromasiche”. Tali lesioni evolvono e accrescendosi possono determinare l’ostruzione completa del vaso; più frequentemente possono andare incontro a rottura, dovuta alle caratteristiche cristalline del colesterolo, che determina la formazione di un trombo sulla placca rotta. Il trombo è composto da un aggregato di piastrine cementato da un coagulo di fibrina; serve normalmente a riparare una ferita, evitando perdite di sangue, ma se occupa l’intero lume di un’arteria ne causa la chiusura improvvisa. Il risultato finale è il ridotto rifornimento di ossigeno ai tessuti a causa del vaso ostruito, con conseguente insorgenza di dolore e danno al tessuto. Il persistere o l’aggravarsi dell’ostruzione può portare alla morte del tessuto (necrosi) in una zona più o meno estesa dell’organo irrorato dall’arteria in cui è avvenuta la rottura della placca e la formazione del trombo. Quando tale processo avviene a livello delle coronarie, una porzione della parete del cuore non riceve più sufficiente ossigeno e l’individuo va incontro a un infarto miocardico, più o meno grave a seconda dell’estensione della necrosi. Se avviene nel cervello, l’individuo va incontro a un attacco ischemico transitorio (TIA) o a un ictus.