COME SI MISURA LA RIGIDITÀ ARTERIOSA (ARTERIAL STIFFNESS)?

La scorsa settimana vi ho descritto cos’è la rigidità arteriosa (arterial stiffness). Vediamo oggi come si può valutare. Per una misurazione diretta della rigidità arteriosa è necessario misurare contemporaneamente, in maniera accurata e nello stesso segmento arterioso, l’andamento istantaneo della pressione e del calibro del vaso. Ciò è ottenibile solo con metodiche invasive, attraverso un accesso intraarterioso e l’uso contemporaneo di trasduttori di pressione e di sensori di flusso. La necessità dell’approccio invasivo ha ovviamente limitato lo sviluppo e l’applicazione clinica su larga scala di tale procedura.

È possibile però stimare la rigidità di un vaso o dell’intero sistema arterioso in maniera non invasiva. Negli anni sono state proposte molte misure non invasive di rigidità arteriosa, tra le quali la distensibilità/compliance arteriosa, la velocità dell’onda sfigmica, l’augmentation aortica (ossia il contributo dell’onda riflessa alla pressione differenziale aortica), la compliance oscillatoria, la pressione differenziale, e l’ambulatory arterial stiffness index derivato dalla relazione tra pressione arteriosa sistolica e diastolica durante un monitoraggio pressorio nelle 24 ore. Ciascuna di queste misure ha importanti limitazioni che ne condizionano l’utilizzo.

Tra le misure di arterial stiffness, si è nel tempo affermata come parametro di riferimento la velocità dell’onda sfigmica o di polso (pulse wave velocity, PWV), che trova fondamento sulla nozione che con l’aumento della rigidità di un’arteria aumenta la velocità di trasmissione dell’onda sfigmica. La PWV è considerata il gold standard tra gli indici di stiffness, in quanto mantiene il suo valore predittivo e prognostico anche dove altri indici si rivelano inaffidabili. La PWV si misura in metri al secondo e rappresenta la velocità con cui il flusso generato dal cuore si propaga all’interno dell’albero arterioso. Valori normali di questo parametro sono intorno ai 9-10 m/s, valore che aumenta con l’incremento della stiffness. Vi sono differenti metodi per misurare la PWV. L’arrivo dell’onda sfigmica è registrato in una arteria prossimale, come la carotide comune, e contemporaneamente in una distale, come la radiale o la femorale. La posizione superficiale di queste arterie rende possibile la valutazione dell’onda in maniera non invasiva (tonometrica, piezoelettrica, Doppler, impedenziometrica). Il tempo di ritardo tra l’arrivo di una parte dell’onda nei due siti e la distanza misurata tra essi permette la valutazione della PWV. La distanza misurata è una stima della reale lunghezza del letto arterioso esplorato, che non è perfettamente rettilineo. La PWV aortica può essere studiata anche tramite risonanza magnetica. La metodica ha il vantaggio di descrivere la reale lunghezza del vaso, anche se i costi e le difficoltà tecniche nell’eseguire studi con dei forti campi magnetici ne hanno limitato l’utilizzo.

Per approfondimenti si veda: Schillaci G, Parati G. Ambulatory arterial stiffness index: merits and limitations of a simple surrogate measure of arterial compliance. J Hypertens 2008; 26:182-185.

IN ITALIA SI MUORE ANCORA PIÙ DI CUORE CHE DI CANCRO

Nel 2015 in Italia le malattie cardiache hanno causato 149.897 morti, mentre i vari tipi di cancro ne hanno uccisi 124.320. Al terzo posto delle casistiche di mortalità le malattie cerebrovascolari, che hanno causato 57.230 morti.

Per la prima volta l’Istat presenta un rapporto con la serie storica completa dei dati di mortalità per causa negli anni 2003-2014, che consente una lettura approfondita della dinamica del fenomeno nel lungo periodo. Nel 2014, i decessi in Italia sono stati 598.670, con un tasso standardizzato di mortalità di 85,3 individui per 10.000 residenti. Dal 2003 al 2014 il tasso di mortalità si è ridotto del 23%, a fronte di un aumento del 1,7% dei decessi (+9.773) dovuto all’invecchiamento della popolazione.

Sia nel 2003 che nel 2014 le prime tre cause di morte in Italia sono le malattie ischemiche del cuore, le malattie cerebrovascolari e le altre malattie del cuore, anche se i tassi di mortalità per queste cause si sono ridotti in 11 anni di oltre il 35%. Nel 2014, le malattie ischemiche del cuore hanno causato 69.653 decessi (11,6% del totale), le malattie cerebrovascolari 57.230 decessi (9,6%) e le altre malattie del cuore 49.554 decessi (8,3%). Nel 2014 al quarto posto nella graduatoria delle principali cause di morte figurano i tumori della trachea, dei bronchi e dei polmoni (33.386 decessi). Tra i tumori specifici di genere, quelli della prostata sono la decima causa di morte tra gli uomini (7.174 decessi), mentre quelli del seno sono la sesta causa tra le donne (12.201 decessi) e la più frequente di natura oncologica. Demenza e Alzheimer rappresentano la sesta causa di morte, con 26.600 decessi.

Analizzando i trend temporali dei tassi delle principali cause di morte dal 2003 al 20144 si rileva, nella maggior parte dei casi, una diminuzione ma con alcune eccezioni. La demenza e malattia di Alzheimer hanno un andamento crescente fino al 2012, mentre negli ultimi due anni in esame appare una lieve riduzione. La setticemia invece è in aumento in modo quasi costante fino al 2014 (1,3% del totale dei decessi), con un balzo più rapido nel 2011 e nel 2012. Nel 2014 i decessi si sono triplicati rispetto al 2003 soprattutto per effetto della maggiore presenza nella popolazione di anziani multicronici.

Nel primo anno di vita diminuisce la mortalità per malformazioni congenite, sofferenza respiratoria del neonato, ipossia e asfissia intrauterina o della nascita; aumenta quella dovuta alle infezioni.